Quando osservo la mappa della Campania, mi fermo su nomi di luoghi e mi vengono immagini. Castellamare era per me il nome di una casa, non di una città, una casa chiara con ombre marine.
Invece Castellamare è una città dedicata al lavoro, alla costruzione dei sogni: quelli che partono in fuga sul mare, quelli che rimangono nella città natale: potere vivere del mare.
Il destino di Peppino costretto da vedere l’abbandono del cantiere, prigioniero di uno specchio dove il cielo non scorre più, dà una pena infinita, come se il sogno dei navi fosse ormai un corpo minerale, abbandonato: una luce immobile.
L’ossatura vuota di una nave fa pensare a un animale divorato dalla fame.
Essere artigiano del mare è creare la dimenzione propria a domare lo spazio: l’oceano, il vento. La memoria dei gesti, come la memoria della sabbia natale, del porto dell’infanzia diventano creazione.
Peppino ha la memoria del ragazzo nato nel mondo marino, una memoria fatta di sale, quando sulla sabbia si immagina l’ombra nobile di una nave.
Vorrei che il sogno di Pepino sia animato, che la sua città possia svegliare del suo sonno.
Grazie a Andrea Bottalico, Roberto Saviano, Helena Janeczek.
Questo testo risponde alla memoria della ragazza che amava guardare
le navi all’orizzonte. Ormai la ragazza non è sola, vede un ragazzo che salutava anche le navi.